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L’ortocheratologia è una tecnica correttiva che prevede l’uso notturno di specifiche lenti a contatto rigide gas permeabili (RGP). Queste lenti hanno un particolare disegno a geometria inversa in grado di modificare la forma della superficie anteriore della cornea; in particolare, provocano un temporaneo (reversibile) appiattimento della parte centrale ed un incurvamento della parte semi-periferica. Le variazioni del profilo corneale che ne conseguono, e che sono evidenziabili attraverso topografia corneale, risultano efficaci per la correzione dei differenti difetti refrattivi, quali miopia, ipermetropia e astigmatismo. Nel corso degli anni, le variazioni a livello strutturale dell’epitelio corneale sono state ampiamente dimostrate e talvolta sono sembrate accompagnate anche da variazioni a livello stromale. Quest’ultimo punto è attualmente discusso e sembra possa essere associato alla trasmissibilità all’ossigeno (Dk/t) del materiale della lente. La superficie interna della cornea e la profondità della camera anteriore non sembrerebbero invece subire cambiamenti. Il porto di queste lenti produce una compressione ed un appiattimento delle cellule epiteliali della cornea centrale, mentre quelle della semi-periferia risultano meno compresse tra di loro, più grandi e ovali. Questa ridistribuzione epiteliale verso la periferia non è causata da una pressione meccanica esercitata da parte della lente, ma è dovuta all’azione delle forze del film lacrimale che si sviluppano sotto la lente e questo fa sì che non vi siano danni a carico dei tessuti. L’efficacia di questa tecnica varia da soggetto a soggetto; tra i fattori che influenzano maggiormente l’azione rimodellante delle lenti c’è la resistenza presentata dalla cornea: una cornea più modellabile permette di ottenere rapidamente l’effetto correttivo ricercato, ma può presentare come contro un rapido recupero della condizione iniziale.